La tutela del paesaggio e l’abuso invisibile

Occhio non vede, paesaggio non duole? No!

Qualche mese fa, presso la nostra Impresa Costruzioni Bruschetta arrivò il signor Vincenzo per una consulenza. Ci eravamo sentiti qualche giorno prima telefonicamente per fissare l’appuntamento, ma non avevo ben capito di cosa avesse bisogno, fu molto vago.

Una volta seduti alla scrivania, estrasse da una cartella varie planimetrie e altre carte. Per farla breve, il signor Vincenzo desiderava ampliare casa, costruendo alcuni vani a utilizzo domestico. Si era fatto disegnare il progetto da un suo amico e, quindi, mi disse che la nostra impresa edile doveva intervenire solo per la costruzione effettiva dei suddetti vani: una lavanderia, un corridoio e un salotto.

Lo strano caso del signor Vincenzo

Non mi sembrava ci fossero problemi, fin quando non vidi dove l’abitazione del signor Vincenzo fosse posizionata. Stavamo per commettere un errore gravissimo e, fortunatamente, a un occhio attento, tutto ciò non poteva sfuggire.

L’abitazione si trovava in un’area a vincolo paesaggistico, vicino a un corso d’acqua e in una zona ricca di dimore antiche. Il vincolo paesaggistico è una tutela per aree o immobili di particolare valore storico, ambientale o culturale. Per poter costruire su queste zone, sono necessarie specifiche autorizzazioni che vanno richieste alla Regione e, a sua volta, la rilascia in base al parere della Sovrintendenza ai Beni paesaggistici e ambientali.

A seconda dei lavori da attuare, si può ricorrere a:

  • Interventi liberi, che non modificano la struttura del territorio o dell’immobile e non comportano modifiche strutturali. Per queste non occorrono permessi.
  • Autorizzazioni semplificate per interventi lievi, tutti quelli che non richiedono modifiche strutturali.
  • Autorizzazioni ordinarie, necessari per opere importanti.

Quest’ultima è quella che avremmo dovuto richiedere per il caso del signor Vincenzo e sapevo già, vista la zona in cui era collocata l’abitazione, che la Regione non l’avrebbe concessa. Quando lo feci presente al cliente si arrabbiò molto, voleva assolutamente procedere con i lavori di costruzione. Quando gli spiegai le ragioni mi disse che non c’era problema, perché comunque le modifiche non si sarebbero viste dall’esterno e quindi, non si poteva parlare di reato paesaggistico.

Lo fermai immediatamente, era chiaro che non conosceva le leggi e non sapeva ciò di cui stava parlando. È reato anche se si parla di abuso paesaggistico invisibile, cioè appunto che non si vede. Dato che per paesaggio s’intende qualcosa di onnicomprensivo.

Infatti, l’abuso esiste già nella violazione della norma, a prescindere che gli effetti si vedano o meno. Anche gli interventi interrati sono considerati reato, in quanto determinanti per l’alterazione dell’assetto originale del luogo.

Cosa comprende il paesaggio?

Secondo la Convenzione Europea del paesaggio, è “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturale e/o umani e dalle loro interrelazioni”.

Secondo il Codice dei beni culturali e del paesaggio, è “il territorio espressivo d’identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro destinazioni.”

Dunque, potete capire tutti che il paesaggio non comprende solo ciò che si vede. Abbiamo superato la definizione romantica del termine, legata unicamente al concetto di bellezza, vista mozzafiato e particolare.

Un reato pericoloso.

La violazione paesaggistica è un reato formale di pericolo, cioè si perfeziona con l’esecuzione di interventi non autorizzati, idonei a modificare l’originale assetto del territorio, indipendentemente dal danno arrecato al paesaggio sottoposto al vincolo.

Prima di realizzare interventi lesivi per il paesaggio, è necessaria la preventiva valutazione dell’ente preposto. Il reato paesaggistico non viene punito solo nel caso di interventi di minima entità, senza la possibilità di creare pericoli per il paesaggio o pregiudicano il bene paesaggistico-ambientale.

Cosa intendiamo per interventi minimi?

Gli interventi minimi non costituiscono nemmeno astrattamente pericoli paesaggistici. Ad esempio, un pavimento di un piano e un mutamento su una parete o aree interne a edifici. Invece, questo discorso non vale per le strutture interrate, dato che potrebbero causare movimenti, mutazioni del terreno, problemi con la vegetazione e il paesaggio circostante.

L’incidenza del danno è valutata in base al valore estetico del bene, non assume alcun rilievo ai fini della configurabilità del reato paesaggistico. Sono le interazioni tra elementi ambientali ed antropici che caratterizzano il paesaggio, dunque, anche interventi non esternamente visibili, quali quelli interrati, possono determinare una alterazione dell’originario assetto dei luoghi suscettibile di valutazione in sede penale.

Conclusione

Ad oggi, del signor Vincenzo sappiamo solo che ha voluto procedere con i lavori, anche se noi avevamo cercato di scoraggiarlo. Si è affidato a dei suoi conoscenti e, dopo aver iniziato la costruzione dei nuovi vani, ha richiesto l’autorizzazione.

Peccato che non fosse a conoscenza del fatto che l’autorizzazione paesaggistica non viene rilasciata dopo l’inizio dei lavori. Così si è trovato ha dover pagare una sanzione, in seguito a una perizia di stima del danno che aveva arrecato al paesaggio, anche se secondo lui il danno non era visibile.

Fortunatamente, i beni paesaggistici del nostro Bel Paese sono protetti da una formidabile tutela giuridica!

 

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